INTERVISTA – Giuseppe Battiston, che questo inverno abbiamo avuto modo di ammirare nel film di Paolo Genovese “Perfetti Sconosciuti”, è stato ospite al Taormina Film Fest 2016.
Nell’arco della sua carriera sono molteplici i ruoli in cui l’abbiamo visto impegnato in film come “Un anima divisa in due”, “Pane e Tulipani”, “Agata e la tempesta”, “Giorni e Nuvole”, “Cosa voglio di più”, “La bestia nel cuore”, “Si può fare” ecc…

L’attore, che vanta ventisei anni di onorata carriera nel mondo cinematografico italiano, al Taormina Film Fest si è presentato come il testimonial di NuovoImaie che, come la Siae, gestirà per gli attori l’attività di incassi e i compensi delle loro performance artistiche.
Sei conosciuto come artista poliglotta, è necessario fare un percorso di studi o basta la vocazione?
La formazione è assolutamente importante e questo ci dimostra come noi italiani tendiamo ad avere ancora un rapporto bizzarro con il mestiere dell’attore, dato che solo attraverso questo si capisce cosa si vuole fare o no. Ad esempio in Gran Bretagna può recitare in teatro solo chi ha fatto il suo percorso all’interno delle scuole riconosciute dalla nazione. L’Italia, invece, è un po’ di manica larga, tanto che per fare questo mestiere, chiunque ne manifesti la qualità, perde di vista anche un altro importante elemento: la cognizione di ciò che si fa in scena o sul set.
Per la tua formazione quale scuola per interpreti hai scelto?
Io ho avuto l’opportunità di frequentare La Civica Paolo Grassi, che mi ha permesso di incontrare Bob Wilson e tanti altri. Solo più avanti, grazie a Soldini e Mazzacurati, ho avuto modo di imparare che la sceneggiatura è solo un punto di partenza dove possiamo trovare la personalità del personaggio e quello che deve dire. L’attore non deve avere qualcosa in più ma qualcosa in meno e colmare quella lacuna con il teatro e il cinema, osservando attentamente i loro linguaggi e diversità. Il teatro, ad esempio, è fatto di fisicità ed evocazione e per questo ha bisogno di essere realistico, mentre il cinema è fatto di sguardi.
Diversi anni fa Ben Gazzara, pose delle basi solide per una protesta, lanciando l’allarme che non ce la faceva più a sentire la stessa “minghiatta”. Questo vuol dire che il cinema italiano è in crisi?
Il cinema italiano non è affatto in crisi creativa, anzi tutt’altro perché abbiamo avuto delle stagioni artisticamente ricche! La povertà semmai tocca le produzioni, perché esiste un gap dannoso tra queste e la distribuzione. Non che io sia un esperto in materia, ma sono fortemente convinto che debba esistere una normativa che conservi i prodotti dell’industria cinematografica italiana.