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Vera Gemma: “Il mio nome? Mio padre mi ha insegnato ad essere Vera… per sempre!”

Vera Gemma è attrice, scrittrice, sceneggiatrice, con una base solida di cultura cinematografica, ma soprattutto di qualità. Figlia del leggendario Giuliano Gemma, ha assorbito dal padre la capacità di valutare l’essenziale dell’arte e non rincorrere la moda del momento.

Capace, testarda, diretta, semplice e sensuale, Vera Gemma ha in lavorazione la sceneggiatura del suo prossimo film di cui ci fa un piccolo accenno.

Attrice per Pupi Avati, Dario Argento, Asia Argento e Angelo Longoni, ha scritto e recitato in “La luna e l’asteroide” e pubblicato due libri: l’autobiografico “Le bambine cattive diventano cieche” e “Latin Lover”. Vera Gemma si racconta a Gente Vip, regalandoci la sua semplicità e la sua figura di donna e bambina matura ma soprattutto si vive, durante l’intervista, il profumo del cinema puro, degli anni migliori.

Vera Gemma, Vera Gemma intervista esclusiva a Gente Vip
Vera Gemma intervista

Vera: “Sto scrivendo una commedia romantica… il mio primo film da regista”

Vera Gemma, tu hai avuto un percorso artistico personale, ma anche un cognome importante: quanto ha influito la figura ed il ricordo di tuo padre Giuliano Gemma sul tuo lavoro?

Vera Gemma si racconta a Gente Vip
Vera Gemma e Giuliano Gemma

Sicuramente è stata la cosiddetta arma a doppio taglio, nel senso che crescere in un ambiente di cinema vuol dire che tu conosci già tante cose del cinema stesso e che quindi non ti fai le ossa, nel senso che sai già come funzionano le cose, perché ci sei vissuta dentro. Però poi vieni giudicata anche con un po’ di prevenzione in quanto viene sempre fatto il paragone con mio padre e non è giusto. Ognuno ha il suo percorso nella vita, la sua personalità, il suo modo di lavorare; l’essere paragonata a mio padre all’inizio è stato un po’ anche un ostacolo.

Nella vita puoi essere figlio di questo o di quel personaggio, ma gli esami ti si presentano sempre davanti e devi comunque saperli superare, purtroppo non sempre le persone questo lo capiscono. Poi ci sono anche i vantaggi di essere figlia di mio padre, primo fra tutti quello di essere stata cresciuta come una principessa, di aver girato il mondo. Mio padre viveva per me e mia sorella e ci ha insegnato il valore del sacrificio e del guadagnarci le cose, ma nello stesso tempo ha cercato di farci avere una bella vita, cosa che gli sono riconoscente.

Vera Gemma, cosa ricordi di tuo padre, come lo descriveresti?

Mio padre era innanzitutto simpatico e con un grande senso dell’umorismo; ricordo che ci facevamo tantissime risate insieme, ma la caratteristica che più mi rimane impressa di lui nel tempo è l’umiltà… un’umiltà innata. Mio padre non si è mai sentito un divo, non si è mai sentito più importante di nessun altro e io credo che oggi molti dovrebbero prendere esempio da lui.

Mio padre ci ha sempre detto: “Ricordatevi che il fatto di aver un padre come me non significa che siate più importanti di nessuno. Dovete dimostrare tutto nella vita”. Io e mia sorella Giuliana siamo due persone estremamente umili.

“Se la vita è dura si matura in fretta”, concordi con questa frase?

Sicuramente sì. Anche se nella vita la vita stessa è dura per tutti. Anche chi può avere una stabilità economica o altre sicurezze può comunque avere altri tipi di difficoltà o traumi dalla vita. La vita ti presenta sempre il conto. La vita è dura per tutti, prima o poi, ci sono delle battaglie da combattere e delle sofferenze enormi contro cui non ci si scappa.

Io sono maturata in fretta per forza, perché ho perso mia madre da molto giovane, poi la morte improvvisa ed inaspettata di mio padre, che comunque stava benissimo, mi ha lasciato un vuoto incolmabile, perché la madre ed il padre sono due figure insostituibili. Queste cose ti fanno fare i conti con la vita e necessariamente a crescere in fretta.

Hai collaborato con Asia Argento in “Scarlet Diva”, come hai conosciuto Asia?

Asia Argento l’ho conosciuta perché negli anni ’80 mio padre fece “Tenebre” con Dario Argento e noi bambine stavamo sul set, in disparte, intente a non disturbare. Con Asia, Fiore e Anna, la sorella che purtroppo non c’è più, diventammo amiche. L’estate andavamo in vacanza assieme e ricordo che Asia, ai tempi la nostra differenza di età era molto più evidente, per noi era come la nostra bambina, che dovevamo accudire.

Asia già ai tempi era un genio, perché diceva cose che per la sua età erano molto avanti. La nostra amicizia è continuata anche senza aspetti professionali, fino a quando mi ha detto:”E’ il momento che io scriva qualcosa per te, perché tu sei la mia musa e io voglio scrivere un ruolo per te”. Così scrisse il ruolo folle di Scarlet Diva, bellissimo. Scarlet Diva rimane uno dei film a cui sono più affezionata.

Quindi hai potuto conoscere anche Dario Argento!

Sì, poi con Dario feci una piccola parte nella “Sindrome di Stendhal” e nel “Il Cartaio”. Dario lo conosco benissimo, è un amico, una persona straordinaria, uno degli uomini più brillanti e divertenti che abbia mai conosciuto. Anche perché pochi sanno che Dario Argento ha una comicità innata e che fa ridere da morire, al contrario di quello che si può pensare.

Se tu dovessi dirigere un film tutto tuo cosa ti piacerebbe fare?

Io al momento ho in mente una commedia romantica. Mi piacciono i film con grandi contrasti, come le commedie, ma che abbiano anche un risvolto amaro, un po’ la linea Lina Wertmüller. Mi piace ridere su cose che però ti lasciano anche un po’ di amaro in bocca, perché nella vita non è tutto bello o brutto, ci sono molte facce della medaglia. Quindi ora sto scrivendo questa storia romantica fra una donna di 40 anni e un ragazzo molto più giovane, il mio primo film da regista.

Ti piace la fotografia?

Da morire, io adoro la fotografia. Pur non ritenendomi bellissima, ho avuto l’occasione di essere stata fotografata da nomi eccellenti della fotografia, come Priscilla Benedetti, Gianmarco Chieregato, Roberto Rocco, che mi hanno sempre dato l’onore di farmi delle foto bellissime. Amo molto essere fotografata, anche perché c’è una parte di me egocentrica che si sfoga nelle foto.

Tu hai scritto due libri, “Le bambine cattive diventano cieche” e “Latin lover”, ci racconti qualcosa di questi tuoi lavori?

“Le bambine cattive diventano cieche” è autobiografico. E’ una raccolta di 5 anni di diari personali. Sono cresciuta scrivendo i diari. Ho iniziato a scriverli già da molto piccola, intorno ai 10 anni, e non ho mai smesso. Ogni tanto facevo leggere delle pagine a mia madre e lei mi diceva che quello che scrivevo era bellissimo ed era scritto anche molto bene. Sottolineo che mia madre non era una che si dilungava in complimenti, era una molto severa, molto manager, molto business, in parte ha creato lei la carriera di mio padre, e così posso dire che i suoi complimenti erano veri.

Mi diceva: “Ti ostini a voler fare l’attrice, ma tu hai un talento che è molto più raro che è quello della scrittura”. Io non ci credevo poi tanto a queste dichiarazioni, ma un giorno decisi di selezionare alcuni dei miei scritti e li mandai ad un editore di Bologna, il quale mi chiamò subito e mi disse che voleva parlarmi. Ci incontrammo e mi disse di sviluppare e legare tra loro i contenuti del diario, perché era intenzionato a pubblicare un libro e così nacque “Le bambine cattive diventano cieche”.

Il secondo libro “Latin lover” è un romanzo, la storia di una serial killer, perché io sono molto attratta dai meccanismi della criminalità, non dalla crudeltà, ma dal meccanismo psicologico che fa scattare la follia criminale. Feci tutto uno studio accuratissimo sul caso, andai anche a parlare con una psichiatra criminale.

Feci uno studio su molte donne della storia della criminalità e tutto questo mi ispirò il libro, che parla di una serial killer che soffre di crisi di abbandono e pur di non essere abbandonata trattiene le sue vittime per sempre, uccidendole. Ammetto che questo libro ha avuto meno successo del primo, anche essendo molto più completo e letteralmente molto più avanti del primo.

Forse il successo del primo libro è dato anche dalla curiosità del pubblico di spiare, diciamo così, la mia vita segreta, ma devo sottolineare come “Latin Lover” sia un libro molto più maturo.

Hai in lavorazione un altro libro?

No, anche perché devo ammettere che ho iniziato un percorso dove quello che voglio scrivere me lo vedo in immagini e quindi sono molto più portata al cercare di portarlo in sceneggiatura, la regia quindi, come mezzo di espressione, in questo momento mi è molto più consono.

Tu segui il cinema? Hai tempo di andare a vedere qualche film?

Sinceramente ci vado poco al cinema, ma ho visto talmente tanto cinema che non mi manca il bagaglio culturale del cinema stesso. La mia infanzia è stata accompagnata dalla cultura cinematografica come non mai. Casa mia era una rassegna cinematografica continua. Diciamo che seguo il cinema ma non vado a vedere il film appena uscito, di moda, che tutti sembra dovrebbero vedere. Magari lo vado a vedere dopo mesi, se mi va.

Quando qualcuno mi dice: “Non hai visto questo film? Ma come?” io rispondo che loro non hanno visto film come “Clèo dalle 5 alle 7” di Agnès Varda o la cinematografia di Eric Rohmer. Io credo di avere una cultura cinematografica fortissima e di cinema di valore.

Come vedi il cinema di allora, degli anni ’70-’80, con quello di adesso?

Secondo me l’Italia è un paese di artisti di grande talento, ma c’è un problema di posti di potere che sono assegnati a persone che spesso di cinema sanno poco, purtroppo. Credo che ci siano film interessanti che però riprendano solo una parte marginale, borghese, del nostro paese e risultino così poco esportabili. Credo che il cinema italiano abbia bisogno di essere esportato in tutto il mondo.

Oggi vengono snobbati film come gli spaghetti western, a parte Quentin Tarantino, che lo sta rivalutando alla grande, mentre i nuovi giovani registi, intellettuali, snobbano i film a episodi, o la commedia italiana, che sono invece film venduti in tutto il mondo. E’ importante anche che il cinema italiano si esporti e non che funzioni nel salotto mondano del momento.

Il cinema deve durare nel tempo. Ci sono film che vengono pubblicizzati come grandi film e dopo sei mesi non si sa più che fine abbiano fatto. Mentre ci sono film, come quelli di mio padre, che vengono riproposti su tv come Iris e fanno 4.000.000 di telespettatori. Non è per parlare di mio padre, ma per dare il senso di cosa è un cinema che vale.

Come sei come donna? Come carattere?

Io ho un carattere molto diretto. Sono una persona abbastanza scomoda perché dico sempre quello che penso. Non grido verità gratuite, questo no, però sono molto diretta, molto vera, sincera, e questo spesso è scomodo, dà fastidio alla gente. Così, alle persone che non mi conoscono tanto bene, non gli tornano i conti, perché vorrebbero trovarsi davanti una diva, figlia di divo, invece io sono una persona molto vera, come mi ha insegnato mio padre ad essere.

Non ho filtri di nessun tipo e questo mi porta ad essere una donna che si ama o si odia. Poi ho anche un carattere molto passionale, quindi mi scaldo facilmente, mi arrabbio in fretta. Mio padre mi diceva sempre di contare sempre fino a dieci prima di parlare, cosa che non ho mai imparato a fare (sorride N.d.r.).

Esiste ancora la tua parte bambina? La culli ancora? Ci parli?

Sì, quella è fortissima; mi avete detto una cosa che mi sottolinea anche il mio fidanzato, che poi è più giovane di me e che mi ha ispirato la sceneggiatura della commedia di cui ho accennato prima, il quale mi dice spesso:”Io sono più giovane di te, ma a me sembra di stare con una bambina”.

Io ho un lato proprio bambino, non giovane o adolescente, ma bambino, che non è cresciuto mai. Lo dissi anche a mio padre, poco tempo prima che morisse. Gli dissi:”Papà, io non riesco a liberarmi da questa bambina che mi possiede” e lui mi rispose: “Non ti liberare mai di lei, perché questa è la parte più bella di te”.

Che rapporto ha Vera Gemma con la bellezza?

Quando si ha avuto un padre così bello, sia io sia mia sorella non ci siamo mai sentite all’altezza e abbiamo sempre rincorso questa idea di perfezione, che poi era abbastanza lontana da noi. La bellezza di papà credo che sia difficile da raggiungere anche dai bellissimi di oggi del cinema.

Sorridendo posso dire che un padre così bello ci ha creato un po’ di problemi, credo però che la bellezza sia anche un qualcosa che uno si costruisce amandosi, accettandosi, creandosi una personalità, che poi è molto più importante che essere belle esteriormente.

Segui la moda?

Io ho un mio assoluto modo di vestirmi. Amo la moda e guardarla, però ho i miei standard che sono abiti lunghissimi, con tacchi altissimi, anche di giorno, tranne nel portare mio figlio a scuola, li ci vado anche in tuta da ginnastica, però nel vestire ho tutto un mio modo molto femminile, sensuale, poco discreta, perché penso che una donna non debba avere problemi ad evidenziare il suo modo di essere donna, femmina.

Parteciperesti a qualche talent tipo “Tale e quale show”?

Diciamo che non seguo tanto questi talent, anzi non seguo molto la televisione, perché non ne sento la necessità. Ammetto però di averli visti alcune volte e “Tale e quale show” mi piace, perché è pieno di artisti di una così grande bravura, che io ammiro. Io non sarei in grado di fare quelle cose.

Però ripeto, la televisione non sento che sia un mezzo che mi appartiene, non lo sento consono al mio modo di essere. Seguirla per forza mi sembrerebbe una forzatura, mi sentirei violentata. Non è uno snobismo, ma è il sapere cosa è giusto per me e cosa no.

Con quali attori vorresti recitare e quali dirigere?

C’è un’attrice che amo follemente e con cui vorrei lavorare ed è Julianne Moore, mentre come regista mi piacerebbe recitare per Quentin Tarantino. Se fossi io la regista del film invece sono un po’ Pasoliniana e sceglierei in base ai provini, alle capacità innate, genetiche, degli artisti. Non sceglierei in base al loro nome o popolarità.

Vera Gemma ti ringraziamo per la tua disponibilità e ti auguriamo un buon lavoro, in attesa di vedere l’uscita del tuo film in sceneggiatura.

Grazie a tutti voi. Un abbraccio.

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