Riccardo Leonelli “Baciato dal sole”: “Tutto iniziò l’estate tra il quarto e quinto ginnasio…”

Riccardo Leonelli intervista a Gente Vip – Lontano dall’apparire, ma presente nel mondo televisivo e nel cuore delle sue fan l’attore Riccardo Leonelli si prepara alla conclusione della sua esperienza nella serie tv “Baciato dal sole“, nelle vesti di Ettore Marcucci.

Dopo la partecipazione a serie televisive di successo quali Centovetrine, Un passo dal cielo 3, Una pallottola nel cuore 1 e 2, Outing – Fidanzati per sbaglio, Luisa Spagnoli, Il Paradiso delle Signore, Riccardo Leonelli racconta a Gente Vip la sua ultima esperienza nella fiction di Rai UnoBaciato dal sole” e le sue passioni.

Riccardo Leonelli intervista esclusiva a Gente Vip
Riccardo Leonelli

Come ti sei trovato ad interpretare il personaggio di Ettore Marcucci in “Baciato dal sole”?

Anna e Ettore Baciato dal sole scena
Anna e Ettore Baciato dal sole (scena)

Ettore è limpido, rispettoso delle regole, poco propenso ai compromessi, vorrebbe una famiglia e una donna che lo ami. In sintesi, è un uomo normale, di quella normalità che oggi non va più di moda. Di conseguenza non riesce ad essere apprezzato appieno da Anna, che invece è una ragazza perfettamente contemporanea. E’ un personaggio che per certi versi mi assomiglia, ma se devo dirvi quello che penso, preferisco interpretare ruoli più distanti possibile dal mio carattere. Lo trovo più stimolante.

Baciato dal sole” ha riscosso molto successo nei telespettatori, che con passare delle puntate si sono sempre di più sentiti coinvolti nella storia della serie tv. Come hai vissuto questa nuova esperienza professionale?

Sarei un ipocrita se dicessi che non mi ha fatto un immenso piacere. Sono molto orgoglioso quando la gente apprezza un lavoro al quale ho partecipato e lo premia con un certo numero di ascolti, sebbene io non amo molto rivedermi sullo schermo, per via di un iper-criticismo che mi contraddistingue. Tuttavia, mi affido sempre al parere dei telespettatori, loro sono il miglior critico che ci possa essere (purché non siano tuoi amici…). Se il pubblico ti dice “bravo” un motivo ci sarà. Io gliene sono grato e lo sarò sempre. Niente è dovuto.

Ti abbiamo visto anche sotto forma di spasimante nella fiction “Il Paradiso delle Signore” interpretando il personaggio di Federico Cazzaniga. Ti vedi nelle vesti dello spasimante? Lo sei mai stato?

Devo dire che sono stato uno spasimante un tantino più discreto di Cazzaniga. Lui ha raggiunto livelli maniacali con la povera Lucia. Uno stalker! Però vi racconto questa: dai diciassette ai diciannove anni ho avuto una storia a distanza con una ragazza siciliana. In due anni e mezzo ci siamo visti solo quattro volte, tutto il resto del nostro rapporto era affidato alle interurbane e alla corrispondenza (lettere vere, di carta, perché all’epoca non c’erano le e-mail). Il fatto di non potersi vedere era terribile, ma il nostro desiderio di stare insieme accresceva ogni giorno e rendeva ideale quel nostro amore di ragazzi, trasformandolo in un legame da romanzo, più spirituale che materiale. Non è stato per niente facile e forse qualcuno potrebbe pensare che abbia sottratto giorni preziosi alla mia giovinezza. Ma io non sono d’accordo. Lo tengo ancora fra i miei ricordi più belli e credo sia stata una fase decisiva della mia crescita. Senz’altro ho compreso che l’amore non è solo piacere e divertimento, ma anche attesa e sacrificio. Tutto ciò per dirti che in quel tempo mi sono forgiato un saldo animo da corteggiatore e ho avuto molto tempo per pensare, per sognare. Nelle mie lunghe lettere ho potuto sperimentare innumerevoli forme di corteggiamento, alimentate da quel desiderio inappagato che sta alla base delle migliori poesie d’amore.

Sei un attore completo, che passa tranquillamente in vari ruoli interpretativi come in “Antonio e Cleopatra” o nel più comico “Outing – Fidanzati per sbaglio”, per passare poi all’attuale “Baciato dal sole”. Quale ruolo preferisci interpretare?

Riccardo Leonelli Baciato dal Sole fiction
Riccardo Leonelli intervista

Come ho accennato prima, amo ruoli più distanti possibile da me, nonché lontani dalla miseria di valori dei giorni odierni, in cui l’economia, il consumismo e la cronaca nera ci rendono vittime di un unico punto di vista sulla realtà: il nichilismo. Amo i ruoli ben scritti in cui sia presente un percorso di crescita del personaggio e di lotta per raggiungere un obiettivo importante. Purtroppo in Italia abbiamo poche storie in cui si mettono in gioco valori o personaggi “grandi”. “Il Paradiso delle signore” ha avuto successo perché raccontava una storia che evocava un passato aureo del nostro Paese (reale o idealizzato poco importa), che il pubblico ha percepito distante dalla banalità dell’oggi, che ricordava come eravamo, dunque non più presente e vicino, ma nostalgico, poetico, da sogno. Le persone hanno soprattutto bisogno di sognare e di credere in qualcosa di migliore, non solo di accrescere il proprio cinismo e la propria disillusione per mezzo di una realtà che gli viene raccontata solo attraverso ottiche negative.

Cinema, teatro, televisione, qual è la tua passione primaria?

Il teatro è la mia casa, lo è sempre stata. Una casa povera, malridotta, puzzolente, sgarrupata, terremotata. Ma è , anche se dovesse crollarmi definitivamente sopra la testa. Nel mio intimo spero sempre che arrivi un team di architetti e ingegneri capitanati da uno come Ettore a rimetterla in piedi!

Attore o regista, cosa preferisci fare di più?

L’attore, per quanto mi piaccia molto dirigere laboratori teatrali, soprattutto rivolti ai giovani. La regia è stata più che altro una scelta di necessità.

Ti piacerebbe dirigere un film o una serie tutta tua?

Non è nei miei progetti, ma chissà… Dovrei studiare molto, però, perché al momento non sarei in grado.

Cosa ricordi dei tuoi inizi?

Ogni cosa. I primi spettacoli, le prove, le risate, le emozioni sconosciute di un ragazzino introverso che prima d’allora aveva messo tutta la sua passione solo nello sport e nel disegno. Tutto iniziò l’estate tra il mio quarto e quinto ginnasio. Era il 1995 e io non avevo ancora compiuto quindici anni. Ricordo che un professore di filosofia del mio liceo voleva coinvolgere un mio compagno di classe per una recita scolastica, ma lui non ne voleva sapere. Quando lo incontrai poco dopo nel cortile della scuola per levarsi d’impaccio mi disse “Oh. C’è un prof del Liceo che ti cerca. Vuole che reciti.” e io “Che? Sarà mica scemo…?” Beh, un mese dopo mi sono ritrovato sopra un palcoscenico davanti a una piazza piena zeppa di persone, vestito da militare a cantare due canzoni degli anni venti. Devo tutto a quel professore, ci sentiamo ancora. Sono passati ventun’anni, ma a me sembra ieri. Sebbene fosse solo l’inizio, fu abbastanza per capire che quella era la mia strada.

I tuoi fan chiedono spesso com’è fare l’attore, cosa comporta in termini di impegno, sogni, studio. Cosa rispondi?

Servono le capacità prima di tutto, ancor più della passione e della volontà. Se non hai talento, lascia perdere. Serve una certa faccia, non necessariamente bella, ma almeno interessante. Puoi essere un protagonista o un caratterista, ma qualcosa devi essere. Sapere cosa puoi fare e cosa non puoi fare è un’arma a tuo favore, che ti permette di non farti prendere in giro dai tanti che oggi ti promettono il successo e invece sono interessati unicamente ai soldi che gli sgancerai quando ti iscriverai al loro corso o scuola che – spesso – non ti porta da nessuna parte. Una volta che sei sicuro di aver fatto la scelta giusta devi studiare e lavorare molto. Ma soprattutto devi chiederti cosa sei disposto a fare. Quanto tieni alla qualità del lavoro che andrai a fare? Quanto ti interessa il guadagno? E soprattutto, quanta pazienza hai? Sei disposto a stare mesi senza lavorare in attesa di un nuovo ingaggio? Questo lavoro non è regolare. E’ saltuario e incerto. Se non hai un carattere fermo e deciso rischi di perderti tra lunghi silenzi inframezzati a eventi mondani che nella maggior parte dei casi servono solo ad aumentare la tua incertezza e precarietà, nonché ad affossare la tua autostima.

Tu sei un attore particolare, non ti fai vedere mediaticamente, ma ti si vede sul campo. Possiamo dire che fare l’attore è geneticamente nel tuo sangue?

In parte sì, lo è. In altra parte, forse, avrei dovuto fare il falegname.

Come si vive all’interno di una serie tv?

Come in un qualsiasi altro posto di lavoro, con la differenza che il luogo in cui ci si trova a lavorare può cambiare di volta in volta, a seconda se giri in studio o in esterna. Crei rapporti più stretti con le persone con cui lavori più spesso e con quelle che ti stanno più simpatiche. Devi abbozzare su alcune cose che non ti stanno bene, ma cercando di farti sempre rispettare. Educazione e cortesia, ma nel rispetto reciproco. Nessuno ti regala niente, anzi.

Com’è il rapporto con gli altri colleghi?

Dipende dai colleghi (ride, ndr). Io cerco di essere sempre disponibile e di trarre il meglio dal lavoro insieme. Non amo molto chi cerca di mettere in difficoltà i partner dando male le battute in controcampo, perché so che una scena funziona quando tutti gli attori coinvolti sono messi nelle condizioni migliori, quando tutti danno il massimo. Fare lo sgambetto a un collega è un comportamento puerile, oltre che autolesivo. Per fortuna è da molto tempo che non incontro attori o attrici di questo tipo e mi sono sempre trovato bene.

Ci sono episodi allegri che più ricordi nel tuo percorso artistico?

Quando ero in Accademia stavamo provando “Oreste” di Vittorio Alfieri. Una versione settecentesca in versi del mito greco. Un’opera tragicissima e sanguinosa. Evocatrice di sventure e morte. Beh, un giorno siamo stati fermi un’ora e mezza perché non riuscivamo a schiodarci da una battuta di Clitemnestra: “Chi mi vi ha spinto, or mi rimorde il fallo!” Se ti entra in testa il doppiosenso sbagliato è finita. Potresti morir dal ridere nella sala prove senza riuscire ad andare avanti…

Facciamo finta che adesso torni bambino, cosa ti regaleresti?

Un trenino elettrico con una pista che attraversa tutta la casa. L’ho sempre sognato, ma costava troppo.

Riccardo Leonelli e l’amore?

Mia moglie. Che prima era la mia fidanzata. E prima ancora quella bellissima ragazza seduta sul banco della chiesa, opposto al mio, la notte di Natale. Sembra un film, vero? No, è tutto vero.

Come trascorri il tuo tempo libero?

Leggo, studio, stiro e cucino. Mia moglie lavora, è una persona normale, mica come me! (ride, ndr).

Cosa pensi del cinema italiano?

Mi sembra cresciuto da una decina di anni a questa parte. Amo moltissimo i film di Virzì, Salvatores e Tornatore. Credo anche che la commedia si stia risollevando dai temi scontati del passato. Tuttavia, credo si faccia ancora troppo poco cinema e molti film non mi convincono del tutto. Mi sembra che ci sia un tentativo unilaterale di creare storie scandalose, violente, ciniche e (solo apparentemente) controcorrente, che in realtà non fanno altro che inserirsi nel più conformista politically correct. Andare controcorrente oggi significa difendere dei valori anche a rischio di non piacere ai media e all’intellighenzia dominante, in risposta al materialismo e al nichilismo di cui accennavo sopra.

Sei impegnato in un nuovo progetto?

Ho appenato terminato un lavoro e ora sono di nuovo e ufficialmente disoccupato. (sorride, ndr)

Cosa pensi di te stesso guardando tutto il tuo percorso personale fino ad ora?

Penso di aver fatto delle cose interessanti. Mi piacerebbe aver fatto di più. Alcune scelte sono state sbagliate e non le rifarei mai. Altre invece preziosissime e mi hanno insegnato molto. Nel complesso mi darei un sette e mezzo.

Un sogno nel cassetto?

Ne ho due. Fare il protagonista al Teatro Olimpico di Vicenza e al Teatro greco di Siracusa. I luoghi più straordinari del mondo per un attore.

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