Platinette da “La musica libera” su Gente Vip: “Sto lavorando a due progetti televisivi”

Platinette, all’anagrafe Mauro Coruzzi, è un’irriverente e comica presenza della televisione italiana. Straordinario conoscitore della musica leggera, ha fatto delle note gran parte della sua carriera alternando le presenze televisive, teatrali e radiofoniche sotto le vesti della drag queen Platinette. Negli anni settanta fa parte del collettivo canoro “en travesti” Le Pumitrozzole e a Milano diventa autore televisivo e lavora a due edizione del Festivalbar. Nel 1999 esordisce nella trasmissione “Platinews” in onda su Radio Deejay e notato da Maurizio Costanzo partecipa al Maurizio Costanzo Show conquistando un’ampia fetta di pubblico.

Platinette
Platinette

Spiana alle drag queen la strada per il piccolo schermo apparendo più volte in trasmissioni come “Buona domenica” e stravolgendo completamente gli stereotipi televisivi. Ha conquistato il ruolo di presentatrice in diverse trasmissioni tv e radio. Oltre alla carriera musicale, sempre attiva, nel 2002 pubblica il libro umoristico “Finocchie” che rivisita in chiave ironica il tema dell’omosessualità. Dopo la Plati-mania, il riservato Mauro muove i primi passi in televisione abbandonando ciglia finte e parrucco e lasciando che il pubblico conoscesse quindi la natura del cantante che nel 2015 ha partecipato con Grazia di Michele al Festival di Sanremo col brano “Io sono una finestra”. Abbiamo avuto il piacere di conoscerlo nella prima serata dell’evento a Mentana “La musica libera”, Platinette in esclusiva su Gente Vip.

Platinette intervista
Platinette intervista esclusiva su Gente Vip

Mauro e Platinette rappresentano due risvolti della stessa medaglia. L’una spavalda e temeraria, l’altra riservata. Ad oggi si riconosce al 100% in una delle due?
No. E’ una fortuna, o meglio lo è diventata, utilizzando due marce diverse nella vita. Per cui ormai le uso in maniera automatica come interscambiabili, quando trovo sia più necessaria una riservata o viceversa, ma non necessariamente se sono in divisa o senza, è come avere due personalità. Lo reputo un arricchimento, quindi non c’è prevaricazione ma condivisione.

Ha dichiarato che non accetta ancora che ci siano degli uomini attratti da lei. “Per me sono degli psicopatici”. Perchè?
Perché io non sono attratto da me, parlo delle forme. Non si va a letto con le persone belle dentro o meglio, se ci vogliamo illudere va bene, ma ho smesso di credere alle favole un po’ di decenni fa, o meglio il millennio scorso. In genere chi lo fa o chi ha un atteggiamento di voler condividere parte dell’esistenza, forse è solo una casualità per me, ma si rivelano preoccupanti. Non avevo previsto ci fossero nei rapporti componenti di questa natura, colpa mia, avessi un aspetto ordinario; mi rendo conto di suscitare reazioni straordinarie. Poi  magari quando qualcuno è disposto ad avere rapporti lunghi, seri, continuativi e interessanti a quel punto sono io che non ci sono più dentro.

Family Day, tradizione e matrimoni Gay. Qual è la sua concezione di famiglia?
Non ho nulla contro la famiglia tradizionale, anzi, ho una sana invidia per chi l’ha avuta, per chi  l’ha vissuta e per chi è cresciuto equilibrato, credo e spero grazie agli altri componenti della famiglia della cosiddetta norma. Ciascuno fa famiglia con ciò che ritiene faccia più al caso suo, cioè quando si è entrambi liberi di scegliere. Tutti quei paesi civili e avanzati, laddove non c’entrano ideologie e neanche le politiche, prevedono leggi di questa natura, laddove invece esistono ancora re e regina, si pensa ad una società meno evoluta, ma ci sono leggi dove le famiglie nuove hanno tutela di varia natura. Per chi non fosse interessato come me a fare famiglia niente di male, si tratta semplicemente di non usare delle leggi che per gli altri potrebbero rivelarsi utili a rendere la vita migliore, non vedo questo accanimento per ciò che è diverso da noi. Io non prevedo un matrimonio con una persona del mio sesso e men che meno adotterò figli, perché non mi interessa.

Ha partecipato da poco all’evento “La musica libera”. Quanto il potere delle note è in grado di liberare l’animo?
Un potere favoloso. Ha il potere di liberare, semmai avessimo dentro di noi degli aspetti ancora sconosciuti, una reazione emotiva e quindi è un linguaggio che supera qualsiasi lingua e qualsiasi confine. Sicuramente è un propellente per tirare fuori le parti migliori degli esseri umani e se la musica in particolare, fosse davvero tutelata e valorizzata e non soltanto un optional, credo avremmo una società migliore.

La musica libera, Amici e molto altro. Spesso le capita di lavorare a contatto con i giovani. Qual è il suo parere riguardo al coinvolgimento dei ragazzi nella musica e cosa pensa del declino della lirica?
Sul fatto che sia meno apprezzata non lo so, mi pare che nel caso de “Il Volo” sia molto apprezzata a livello internazionale. Non bisogna pensare che non sia una musica sepolta, io vengo da Parma dove la musica lirica è una colonna della città, c’è Verdi e il Teatro Regio quindi ho vissuto in maniera da privilegiato, dove la lirica non è così estranea anche ai ragazzi. Andavo all’opera e ho avuto questa abitudine per molti anni. I ragazzi che fanno musica in generale hanno bisogno di avere dei banchi cosiddetti di prova, che siano talent televisivi o concorsi canori di regione o piccoli laboratori, fa sempre bene. Quel tipo di pratica e attività lì… distoglie da attività molto più pericolose.

Mastica ormai musica da un pò. Spesso hanno criticato l’utilità dei talent, che sono considerati popolarità fittizia e talento da quattro soldi. Cosa pensa in proposito?
Penso che la popolarità fittizia derivi dalle capacità personale ed è così dall’inizio dei tempi, da prima che io ricordi, occupandomi di musica da sempre come primaria attività. Sono un sessantenne che ha vissuto in pieno il bit, l’epoca del rock, il punk, la dance e ci sono sempre stati fenomeni passeggeri, ci sono cantanti di una cosiddetta sola stagione, che non facevano talent,  e facevano una canzone di successo e poi sparivano nel nulla e non so cosa facciano oggi, sarebbe anche curioso e interessante vedere come sono ridotte… perché poi diventano icone di un’epoca e basta. Il talent non è una creazione moderna ma una creazione popolare. C’era un programma che si chiamava “Sette voci” dove c’erano sette perfetti sconosciuti messi a confronto con l’applausometro, per cui decidevano chi passava il turno e diventava più o meno famoso. Ora i talent sono così rilevanti perché l’attenzione mediatica è molto forte su questo tipo di programma, ma non è cambiato quasi nulla se non la velocità con la quale si può diventare popolari e poi meno male che qualcuno sparisce.

Showgirl, musica, radio. Qual è stata l’esperienza professionale che ricorda con maggiore soddisfazione?
In teatro di sicuro è stata l’avventura con i ragazzi di “Amici” perché per la prima volta i ragazzi uscivano dallo studio, quell’anno lì in cui noi andammo pure in tournée vinse un ragazzo che fu l’ultimo della generazione cosiddetta della prima epoca di Amici, prima che intervenisse in maniera più consistente la discografia, e si chiama Federico Angelucci. Però c’erano già i fenomeni interni di una Celentano scatenata che per un anno torturò una ragazza per il collo del piede. Noi portandoli fuori, dico noi perché l’idea fu di Maurizio Costanzo, riproducevamo una sorta di scuola. A parte che fu un successo strepitoso dal punto di vista degli incassi ma faceva intuire e capire quanto avesse fatto presa, quanto questi ragazzi venissero guardati con attenzione ed interesse. In quell’esperienza ballavo, cantavo e dimagrivo salendo e scendendo scale, fu incredibile, vinsi anche la mia pigrizia.

A novembre ha debuttato con “La sposa blu” interpretando una cinquantenne sessuologa psicoterapeuta. Com’è stato ritornare in teatro?
Un rapporto che purtroppo si è arenato perché nel frattempo sono intervenuti altri fattori, nel senso che senza speranza avevamo, dico avevamo perché non riguarda solo me ma anche Grazia di Michele, presentato la canzone per il Festival di Sanremo che poi è passata. Per cui siamo andati al Festival e il progetto si è arenato, abbiamo fatto una data sola ed è stato molto divertente e molto interessante, perché è una parte da cattiva. Io non ho mai fatto ruoli di perfidia totale, a parte un’apparizione di un cosiddetto cameo, in un film di Ferzan Ozpetek, che si chiamava “Magnifica presenza”, in cui ci sono 5 minuti di autentica cattiveria. Sono direttore di un laboratorio di cappelli e la parte del cattivo o della cattiva mi piace alquanto, per cui non escludo di poter fare il killer in futuro.

In molti conoscono i mille volti di Platinette, spesso comica e irriverente. Quali sono invece il miglior pregio e il peggior difetto di Mauro?
Il miglior pregio non so, riconoscerseli da soli è un po’ difficile, credo però di essere un grande esperto della storia della musica leggera italiana al femminile. Dal passato remoto al presente, a pochi dischi fa, quindi di essere un bravo studioso, collezionista e quindi il pregio è quello di riuscire a mantenere un interesse molto vivace. Il difetto è una diffidenza elevata a stile di vita, per cui ho pochissimi amici e sono quelli che appartengono alla mia maturità, adolescenza che va dalla scuola all’ambito della città dalla quale provengo. Non mi lascio andare e sono a volte scostante. Non so se sia un difetto ma reputo che venga additato tale.

A quali progetti futuri sta lavorando?
Sto lavorando a due progetti televisivi, uno è un talent. Il primo talent con protagoniste Drag Queen, solo ed esclusivamente loro viste sotto il profilo personale, per conoscere le loro storie di vita, la loro provenienza ed ho già fatto più di 300 provini, per cui un mondo incredibile di umanità e anche divertente, di curiosità strane, molti di loro infatti sono sposati e con figli. Il secondo è sempre un programma televisivo ed è l’ennesimo cooking show, però totalmente scorretto, né calorie né niente di ciò che fa un cooking show, ma la golosità elevata a stile di vita e ricette vere in chiave un po’ più comica. La canzone di Sanremo inoltre “Io sono una finestra” ha avuto una seconda vita, l’abbiamo appena incisa in francese e ci ha aiutato nel progetto una persona fantastica che è Catherine Spaak che ha fatto la traduzione e poi ci ha aiutate con la pronuncia. E’ una personalità veramente amabile e capisco che le vere star sono quelle, coloro che sono capaci di un lavoro come quello,  stando dietro di noi e aiutandoci con le pronunce e cercando di tirare il meglio da due “zuccone”.

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