Museo Gucci di Firenze: La mostra “Grosse Fatigue” dedicata a Camille Henrot

Grande attesa per la mostra Grosse Fatigue che sarà inaugurata presso il Museo Gucci di Firenze il 3 ottobre e proseguirà fino all’8 febbraio 2015. Dalla sua fondazione il Museo ha ospitato opere storiche come quelle di Lee Lozano, Alina Szapocznicow e Evelyne Axell ed ora punta l’obiettivo su Camille Henrot, artista francese nata nel 1978. La sua opera, che abbraccia numerose discipline dell’arte e della conoscenza in generale, si avvale di un’ampia varietà di mezzi, film, video, disegno, fotografia, scultura, installazione…

La mostra Grosse Fatigue di Camille Henrot al Museo Gucci di Firenze
La mostra Grosse Fatigue di Camille Henrot al Museo Gucci di Firenze

La mostra del Museo Gucci consente di vedere a Firenze Grosse Fatigue, opera presentata per la prima volta nel 2013 alla 55a Biennale di Venezia, dove si è aggiudicata il Leone d’Argento suscitando grande interesse da parte della critica internazionale. Presentata in numerose mostre nelle principali istituzioni internazionali come la Tate Modern (Londra), il New Museum (New York), lo Sculpture Center (New York), il Palais de Tokyo (Parigi, il Centro Pompidou (Parigi), il Jeu de Paume (Parigi), la Fondazione Van Gogh (Arles), lo Stedelijk Museum (Amsterdam), il Macba (Barcellona), ecc.l’opera torna finalmente in Italia.

Basata su un immenso lavoro di ricerca svolto allo Smithsonian Institute di Washington, Grosse Fatigue è un film di 13’, ritmato dalla musica del compositore Joakim e dalla voce dello slammer Akwetey Orraca-Tetteh, che declama in “spoken word” una lunga poesia scritta in collaborazione con lo scrittore Jacob Bromberg. Grosse Fatigue è attraversato da una immensa e utopica ambizione: quella di sovrapporre tutti i racconti scientifici, storici, mitologici, artistici, antropologici… legati alla Genesi e all’evoluzione del mondo. Oltre a Grosse Fatigue, il Museo Gucci presenta  due opere che derivano dal lavoro come scultrice di Camille Henrot e ricorrono a materiali diversi quanto gli oggetti industriali per Tevau (2009) o ai fiori come nella serie intitolata “È’ possibile essere rivoluzionari e amare i fiori?”, iniziata nel 2012 alla Triennale del Palais de Tokyo.

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