Vittoriana Abate: “Il gossip ci può stare… se dovessi considerare tutto, ogni giorno dovrei stare a querelare”

Ha sviscerato i casi irrisolti di cronaca nera dal 2000 ad oggi, Vittoriana Abate, inviata del programma di Rai UnoPorta a Porta“, condotto dal giornalista Bruno Vespa. Lasciare che la verità venga a galla, questo è l’obiettivo del libro “Le Verità sommerse” edito da Maiello e Graus Editore, della giornalista salernitana, autrice anche del libro “Ciro Vive” scritto insieme a Antonella Leardi, mamma del ragazzo e tifoso morto Ciro Esposito. Le “Verità sommerse” è un libro inchiesta, opera che analizza, dopo un lungo studio di atti, intercettazioni, scatola nera e molto altro, le vere cause del naufragio della Concordia. Durante l’estate Vittoriana Abate si è occupata di una rubrica bisettimanale, insieme all’avvocato Cataldo Calabretta, all’interno del programma “Estate in diretta“, durante la quale affrontano i cold case (grandi casi della cronaca nera italiana). A tu per tu con la giornalista Vittoriana Abate.

Vittoriana Abate intervista esclusiva su Gente Vip
Vittoriana Abate

Vittoriana Abate, a tu per tu con la giornalista di “Porta a Porta”. I cold case italiani!

Vittoriana, il gossip è entrato inevitabilmente nella sua vita dopo la conoscenza e la frequentazione dell’ex-comandante Francesco Schettino ed il caso Concordia. Quanto le ha dato fastidio il gossip mediatico?

Sono un personaggio pubblico e sono costretta, a mio malgrado, ad accettare le regole del gioco. In certi casi è da mettere anche in conto come la stesura del libro “Le verità sommerse” ha richiesto parecchio tempo, anzi, anni. Perchè essendo un’inchiesta molto approfondita, aveva bisogno di atti, verbali, testimonianze, scatola nera. E’ un lavoro che non potevo fare da sola. La scatola nera è qualcosa di strettamente tecnico, quindi l’abbiamo visionata e ascoltata insieme, minuto per minuto. Considerato il personaggio, che è stato in questi anni sottoposto ad un vero e proprio massacro mediatico, non mi meraviglia e sinceramente non mi sorprende l’attenzione che ha scatenato la frequentazione con il comandante Schettino per la stesura di questo libro, così come ho intervistato tutti i tanti protagonisti della cronaca nera: da Anna Maria Franzoni, Mario Alessi assassino del piccolo Tommaso, a Michele Misseri, ad Amanda Knox. Sono una giornalista e sono stata a casa di Misseri più volte, nella famosa villetta. Sono stata a contatto con i personaggi della cronaca e ho scritto un libro con Antonella Leardi, mamma di Ciro Esposito. Sono stata a pranzo e a cena a casa sua, siamo uscite insieme. Trovo che per l’inviato di inchiesta è anche fin troppo una banalità stare a contatto con l’intervistato, soprattutto se il libro è la testimonianza diretta. Non raccolgo le provocazioni e se dovessi considerare anche che Dagospia, qualche giorno fa, ha aperto la sua pagina dicendo che la Bruzzone ed io, che siamo amiche da anni, avevamo litigato e la stessa sera eravamo a cena in un ristorante e abbiamo fatto un weekend insieme a Ischia, insomma se dovessi prendere in considerazione queste cose, allora dovrei stare tutto il giorno a querelare. Roberta ed io siamo amiche da anni e non abbiamo motivo di essere in competizione dal momento che facciamo lavori diversi e tra l’altro siamo spesso ospiti nelle stesse trasmissioni, lei viene spesso in qualità di ospite nel programma “Porta a Porta”. Quindi Dagospia ha preso proprio un buco, questo per dire quanto peso può avere il gossip nella mia vita. Una cosa però mi è dispiaciuta, perché il gossip ci può stare, perchè sono un personaggio pubblico, cioè che i giornali abbiamo attribuito a me la separazione di Schettino con la moglie è una falsità, perchè quando ho conosciuto il comandante Schettino per intervistarlo, il loro matrimonio era già finito da tempo ed erano separati legalmente, dal momento che i giornali hanno dichiarato “abbandona la nave, abbandona la moglie”, anche questa è l’ennesima notizia usata per strumentalizzare la sua persona. Il ruolo di rovina famiglie, francamente, non mi appartiene.

Da giornalista ha studiato bene il caso Concordia ed è riuscita a prendere per mano la fiducia di Schettino al punto da partecipare alla stesura del libro “Le verità sommerse” della Graus Editore, che racconta tutta la vicenda dell’affondamento della nave crociera. Quanto è importante per lei questo libro per portare a galla la verità o comunque sottolineare le responsabilità di altri nel caso Schettino?

Vittoriana Abate e il gossip con Francesco Schettino
Vittoriana Abate libro “Le verità sommerse”

La verità è lo scopo di noi giornalisti, è l’obiettivo primario, sempre tenendo fede all’impegno che è altrettanto primario nel rimanere nell’oggettività dei fatti, quindi per me anche quando sono ospite nelle trasmissioni televisive, non perdo mai di vista l’oggettività dei fatti anche quando è richiesta la mia opinione. La ricerca della verità è un faro a cui miro in tutto quello che faccio, a prescindere dalla Concordia. Io mi occupo di un giornalismo di inchiesta che può essere anche un giornalismo investigativo, nel senso che entro nelle vicende con atti alla mano, che per una svista può essere stata ignorata. Si possono trovare sviste, omissioni, testimonianze e telefonate trascurate a partire dalle telefonate e le intercettazioni scoperte leggendo sempre le carte. Intercettazioni e telefonate dimenticate ce ne sono diverse in questo libro e sono anche importanti ai fini dell’inchiesta. Poi ci sono delle incongruenze fortissime che sicuramente emergeranno nel processo d’appello e che sono state descritte nel libro in maniera molto dettagliata, partendo dal silenzio degli ufficiali in plancia, l’errore del timoniere, l’incidente probatorio, passando per l’archiviazione, e questo è importante perché lo ha ripreso il giudice nelle motivazioni della sentenza di primo grado, l’archiviazione della posizione del comandante in seconda Roberto Bosio che è abbastanza singolare, visto che lui ha condiviso tutte le fasi fino all’abbandono della nave, perchè l’hanno abbandonata insieme. Proprio sul punto dell’abbandono della nave l’opinione pubblica si è scagliata contro il comandante Schettino, basandosi su quell’assurda telefonata di De Falco non tenendo conto che quando il comandante è stato costretto a lasciare la nave, quest’ultima si era ribaltata completamente e lui è riuscito a sottrarre l’ultima lancia sul quel lato perchè a quel punto l’unica possibilità era disincagliare quella lancia e mettere in salvo quelle persone che erano a bordo, sottraendole a morte certa, per il repentino e imprevedibile abbattimento della Concordia.

In un’intervista rilasciata a Panorama ha evidenziato come Schettino sia una persona diversa da come lo si descrive pubblicamente. Lei lo ha avvicinato con tatto, riservatezza, lo ha capito emotivamente.

E’ totalmente diversa, la collega doveva trovare un titolo e ha scritto di intimità, io in realtà ho detto che lui mi ha raccontato i suoi pensieri più intimi che è una cosa diversa. Mi ha raccontato delle cose intime e per intime intendo pensieri legati all’infanzia, pensieri legati alla sua carriera, il dolore provato nel ricordare la bambina, mi ha ricordato quello che si prova nel lasciare la nave e questi pensieri li ho definiti intimi perchè secondo me il dolore è intimo. Non è detto che vada sbandierato e io ho avuto la capacità da giornalista di tirare fuori le emozioni. E’ chiaro che tra me e il comandante Schettino si sia stabilito un rapporto di fiducia, io ho messo nero su bianco degli aspetti delicati di questa vicenda che se non fossero stati corrispondenti agli atti gli avrei procurato un grosso guaio.

Lei come giornalista di “Porta a Porta” vive casi che sono sotto l’obiettivo mediatico. Come vive la cattiveria del pubblico verso presunti colpevoli?

E’ un fenomeno molto frequente e ne parlavo proprio con l’avvocato Bongiorno all’Estate in Diretta dove ho avuto una rubrica settimanale proprio sui cold case con l’avvocato Cataldo Calabretta e proprio lì, in un confronto con la Bongiorno, abbiamo sviscerato questo aspetto, cioè come si diventa il mostro della prima pagina. Anche per una questione di lineamenti, di empatia, di modo di porgersi. Ad esempio gli occhi di ghiaccio di Alberto Stasi del caso Garlasco, così come Amanda Knox considerata donna faccia d’angelo, diabolica, seduttiva e in questo senso colpevole perché si associava quello sguardo, quella capacità di ammaliare, alla colpevolezza, così come di Sabrina hanno influito una serie di fattori esteriori. Io non credo sia questione di cattiveria quanto piuttosto di frustrazione, nei personaggi della cronaca a volte si riversano le frustrazioni del lettore, del pubblico nell’individuare il colpevole come capra espiatoria, come nel caso della Concordia è evidente individuare, solo per una telefonata, perché è a quella che fanno riferimento, l’unico colpevole, l’unico responsabile del naufragio. Un’unica persona quando già in una plancia ce ne sono sei al comando, ti fa capire l’esigenza del capro espiatorio. Sicuramente alcuni personaggi per gli atteggiamenti, per il fattore estetico, per alcune caratteristiche somatiche si prestano ad essere individuati come i presunti colpevoli. I processi a volte hanno smentito queste teorie come il caso di Meredith Kercher, in cui sono stati assolti in cassazione, dopo che l’opinione pubblica li aveva condannati più volte. Difficilmente trovi una persona che ti dica che Sabrina e Cosima sono innocenti e quindi credo sia un discorso per dare sfogo e individuare, secondo quella che è una risultanza di quello che può venire fuori da una trasmissione televisiva e da un giornale, delle proprie sensazioni e opinioni personali. Il fatto che ci sia attenzione sulla cronaca nera mi fa pensare che la gente ha bisogno di questo tipo di racconto, cioè del vedere raccontato il male e questo francamente dobbiamo chiederlo a degli psicologi, perché è preoccupante.

Tra i casi di maggiore evidenza mediatica (Yara Gambirasio, Elena Ceste, il caso di Martina ed Alexander e la nascita del figlio, ecc), quali avrebbe voluto seguire direttamente? 

Lavorando a “Porta a Porta” da più di sedici anni praticamente li ho seguiti tutti per un motivo molto semplice: siamo una redazione giornalistica non come un telegiornale che ha una grande disponibilità di personale, ma una redazione con massimo dieci giornalisti, quindi occupandomi in prima linea della cronaca mi è toccato seguirli. Dal 2000 in poi li ho seguiti tutti, quindi non saprei dire quello che mi è mancato perché siamo in pochi, seguendo io la cronaca e avendo “Porta a Porta” altre tematiche come la politica e l’attualità, mi è toccato stare davanti alle villette dell’orrore e mi è capitato di starci sempre.

Lei conduce un lavoro che la coinvolge emotivamente e mentalmente. Una volta in casa riesce ad allontanare i pensieri delle vicende legate alla carriera?

Assolutamente sì, perché altrimenti si riuscirebbe a gestire male anche il racconto della cronaca. E il racconto deve essere quanto più possibile scevro dalle proprie sensazioni e opinioni. Chiaramente io ho avuto e ho come maestro un giornalista di razza che è Bruno Vespa, che ci ha insegnato innanzitutto a verificare le fonti e a rispettare anche e soprattutto nella cronaca la cosiddetta par condicio e la rappresentanza delle due parti ovvero accusa e difesa in maniera equa. Quando quindi bisogna rappresentare l’accusa e la difesa in maniera corretta difficilmente ti puoi addentrare nel territorio delle opinioni perché a noi non è consentito, come programma, e raccontiamo la cronaca secondo i fatti e questi derivano da fonti, le verifichiamo e sono normalmente quelle ufficiali. Se sono le indiscrezioni usiamo un condizionale d’obbligo perché parliamo appunto di indiscrezione. Per cui, per l’insegnamento che ho ricevuto, non sono portata a usare la fantasia. Semplicemente perché ho avuto il privilegio e la fortuna di lavorare con un maestro. Non c’è spazio per le opinioni, non c’è spazio per le interpretazioni soggettive nella cronaca altrimenti si rischierebbe di fare un processo parallelo pericolosissimo. Le interpretazioni soggettive restano nell’ambito del proprio intimo, nel senso che è chiaro che un giornalista ha un’opinione politica e un’opinione sul caso di cronaca e sarebbe anomalo se non fosse così.  E’ chiaro che io ho un’opinione ma non la faccio mai trapelare in maniera ufficiale, mi mantengo nell’ambito del racconto e ai fatti.  Quindi io quando torno a casa sono sicuramente provata dal peso e dalle responsabilità che si hanno quando si toccano argomenti delicati e quando c’è la vita delle persone in gioco. Non ci dimentichiamo che le stesse persone su cui noi puntiamo il dito, sono persone che vivono momenti difficili, percorsi di vita drammatici, come quello del comandante Schettino che vive il trauma del naufragio, quello di aver perso il lavoro, quello di aver subito un processo e una condanna gravissima. Non bisogna dimenticare che dietro queste facce, dietro queste fotografie che la cronaca ci rimanda ci sono persone che hanno anche altre espressioni del viso, quindi bisogna fino al terzo grado di giudizio e oltre ogni ragionevole dubbio bisogna in qualche modo rispettare queste persone. C’è la responsabilità di fare al meglio questo lavoro, la cronaca e soprattutto gli atti e poi c’è il peso che chi fa l’inviato conosce bene, la fatica di stare tante ore per strada. Perché l’inviato di cronaca non gode del privilegio di stare nel palazzo ma per strada in posti normalmente disagiati. E’ difficile che un omicidio accada nel quirinale, sarebbe una cosa interessante (ride, ndr). Normalmente accade ad Avetrana, Garlasco e questo è sicuramente quello che in questi anni mi porto e cioè la fatica di essere stata mesi interi nei posti.  Però devo dire che questo lavoro chi lo fa con passione non perde mai l’entusiasmo di stare sul pezzo, sul posto. E’ difficile che accetterei di trattare un argomento di cronaca dalla mia scrivania, quando arriverò a questo punto farò qualcos’altro. Bisogna stare a contatto col posto quando si raccontano certi fatti, perché la cronaca è fatta di testimonianze, di giornate intere davanti e dentro le procure. In questo senso è un impegno che esclude molti altri. Diciamo che la cronaca è veloce, c’è sempre il caso nuovo che ti spinge a tralasciare quello vecchio e non ci si può affezionare ai singoli casi, ma approfondirli con professionalità e correttezza. Io mi sono “affezionata” al caso Concordia perchè oltre al fatto di averlo seguito dall’inizio ho capito che in quegli atti c’era qualcosa di strano e mi sono presa questa incombenza. Mettersi diciamo dalla parte dell’accusato è sempre un’impresa coraggiosa e quindi l’ho potuto fare perché sono certa di quello che ho scritto e quello che ho visto.

Proprio questo lavoro, la cronaca nera in particolare, ha una serie di responsabilità, ha mai avuto paura?

Qualche minaccia, sottile o velata, c’è sempre dentro quando tocchi argomenti delicati. Paura proprio no, io non mi sono mai occupata di mafia o camorra in senso stretto. L’unico momento di paura è stata durante l’emergenza rifiuti a Pianura, quartiere di Napoli, quando evidentemente andai a toccare qualche nervo scoperto che si riferisce allo smaltimento dei rifiuti. Ecco lì c’è stato qualche momento di tensione durante i collegamenti e hanno fatto capire che era meglio sorvolare ma onestamente ci sono giornalisti che veramente rischiano la vita in guerra o trattando di mafia e a loro va il mio rispetto assoluto. Io sono tutto sommato protetta da una struttura organizzativa e di prestigio come quella del mio programma. Comunque “Porta a Porta” ha una struttura forte e mi sento tutelata.

I casi di femminicidio sembrano sempre in aumento. Da giornalista come vede evolversi questa problematica? Mancano i controlli o la legge non funziona?

La legge sullo Stalking l’abbiamo, quando ci riferiamo a omicidi che normalmente avvengono nell’ambito familiare, credo che lì il problema vada ricercato nelle dinamiche della coppia come ad esempio il caso di Melania Rea e tanti altri casi che magari sono meno noti. Quando vai a parlare con le famiglie, coi vicini di casa, con le persone viene sempre fuori qualche elemento che può essere il movente di questo delitto ovvero la gelosia, i soldi, l’insofferenza. Le donne uccise dai mariti e dai compagni sono all’ordine del giorno, francamente la prevenzione va bene, la denuncia va fatta però tante volte ho sentito: “non aveva mai alzato le mani sulla moglie, poi all’improvviso un gesto d’impeto l’ha uccisa”, quindi è imprevedibile la mente umana. All’interno della coppia le dinamiche si sono inasprite in molti casi e quindi questo genera rabbia, insofferenza e violenza. Adesso mi sono occupata del caso di Eligia, ragazza di Siracusa morta con un bimbo in grembo e il marito è accusato di omicidio volontario; magari le ha dato una botta in testa in un momento di rabbia che sì, si poteva prevenire. Magari la famiglia poteva accertarsi che l’ambiente familiare fosse un ambiente sereno ma come fai? E’ come prevenire la mamma di Cogne che ha ucciso il figlio, cosa fai? Sono delitti di impeto quindi non credo si possano prevenire, credo piuttosto ci sia una forte esasperazione nei rapporti familiare e lo abbiamo visto con la donna che ha ucciso il marito pensionato qualche giorno fa. Questo è un dato e di certo ci si può lavorare, magari con un centro d’aiuto e d’ascolto, ma quante persone si rivolgerebbero al centro? Poche.

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