Numa Palmer: “Cantare la pace è una forma di coinvolgimento per chi lo fa e per chi ascolta”

Numa Palmer si racconta in esclusiva a Gente Vip. La cantante ci ha abituati alla sua carriera accanto a grandi nomi della musica internazionale tra i quali Renato Zero, Pino Daniele, Adriano Celentano, George Michael ed il produttore inglese Trevor Horn.

Nominata “Ambasciatrice del Giubileo dell’educazione” la cantante, attrice, ballerina, fa parte anche del progetto “Promised Land” di cui la stessa Numa Palmer ci parlerà in questa lunga e interessante intervista. Il progetto, la sua vita e… la voglia di Sanremo.

Numa e Phil Palmer per Promised Land

Numa Palmer, partiamo subito con il progetto internazionale “Promised Land”, un brano ed un impegno che vanno a sostegno dei popoli che sono costretti a scappare dalla loro terra, dai loro sogni, dalle radici della loro vita. Com’è nato questo progetto?

È nato da un sincero forte desiderio di offrire il proprio lavoro, la creatività, tempo e risorse per mandare un messaggio umanitario al mondo. Questo messaggio viaggia attraverso la musica che ha quindi il grande potere di raggiungere tanti cuori e di abbattere barriere culturali e pregiudizi. Io e Phil sentiamo fortemente di voler fare qualcosa per chi soffre. L’indifferenza è molto pericolosa, come la distrazione ed il senso di impotenza. Cantare la pace, cantare e descrivere delle realtà difficili ed ingiuste, è una forma di coinvolgimento per chi lo fa e per chi ascolta, è una sensibilizzazione, è una condivisone che può aiutare a sollecitate una presa di coscienza importante.

Cosa si prova a portare a termine un progetto così intenso?

Ci si sente utili, ci si sente responsabili, ci si sente di essere parte della famiglia chiamata Mondo.

Hai parlato anche dell’illusione della terra promessa, perché la terra promessa in fondo è solo una. Cosa vuoi dire con questo?

Numa Palmer intervista esclusiva a Gente Vip
Numa Palmer intervista

L’illusione spesso è di pensare due cose. La prima, per chi fugge, è che il bene, il meglio e la soluzione si trovi altrove, rinunciando a lottare per un cambiamento che parta da dentro, dalle nostre radici, dalla propria mentalità, dalla propria cultura e dalla propria famiglia, dall’atteggiamento verso noi e gli altri e dall’uso della religione come arma e ragione di conflitto. Quindi si scappa e poi ci si ritrova magari in alcuni luoghi dove non si riesce a stare come si sperava perché si è male accettati, senza lavoro (perché in tanti paesi non ce n’è proprio!) e soprattutto lontani dalle proprie radici che è la cosa più dolorosa. Questo è un aspetto dell’illusione, poi però dobbiamo vedere anche l’altro, cioè che anche coloro che non fuggono e che non vivono in nazioni dove non c’è ( per adesso) ancora la guerra e la fame, pensino che il problema finché rimane “lontano“ illusoriamente “confinato”, allora non li riguardi. E’ un’illusione pensare che gli emigranti siano una piaga o una sorta di invasori, che siamo al sicuro da queste tragedie, finché riusciamo a tenerle lontane da noi. Il punto è che certi popoli sono in fuga perché l’alternativa sarebbe morire, non ce ne hanno un’altra. Molti di loro amerebbero rimanere nei paesi natii, ma semplicemente non possono perché vengono torturati affamati e uccisi. Se non cerchiamo di sentire un po’ di empatia e dimostrare un briciolo di solidarietà verso questi fratelli umani sfortunati, presto potremmo ritrovarci nelle loro stesse condizioni e sperimentare poi cosa vuol dire trovare una porta chiusa e nessuno che ti dia una mano. È un problema mondiale. Riguarda tutti. Non c’è un quid lì, non c’è separazione reale fra tutte le nazioni di questo mondo, sono gli esseri umani che creano conflitti e separazioni. Per chi si chiede “cosa posso fare io che ho figli, nessun lavoro e già tanti problemi?” posso rispondere almeno di pregare per gli altri come fossimo noi e di sentirli tali partendo dal nostro cuore. Questo è il primo vero passo che si dovrebbe fare. Mettere la nostra vita, la nostra mente ed il nostro cuore, nella direzione della fratellanza e non nel conflitto e la discriminazione. Poi chi ha soldi, potere, politica, convinzioni, cultura, lungimiranza progetti, ci aiutino a trovare soluzioni.

“Promised Land” e Phil Palmer, è nato insieme questo progetto?

Phil Palmer, Paul Bliss e Justin Hayward hanno scritto e prodotto il brano. Io oltre a cantarlo ho avuto l’idea su come esattamente usarlo a scopi benefici ed ho fatto partire la macchina della solidarietà.

Il brano “Promised Land” ha anche la versione italiana che s’intitola “Noi siamo amore”, brano che ha visto l’ispirazione di Renato Zero e scritto da Vincenzo Incenzo. Tutti e due i brani fanno parte di un album compilation creato dall’Unicef dal titolo “Noi siamo amore, noi siamo Unicef”, ce ne puoi parlare?

Renato Zero che è una persona molto attenta al sociale e Vincenzo Incenzo, molto attivo in campo umanitario e per i bambini che soffrono, erano le persone perfette per raccontare in chiave italiana una realtà di pace, di amore e di speranza autentica. Una volta prodotti i due singoli ho proposto ad Unicef, con la quale collaboro da tempo,
di patrocinare il progetto ed usare questi brani ed i loro video come tema musicale e come messaggio per le loro campagne di aiuti nel mondo. Grazie a Mimmo Pesce presidente Unicef Napoli ed Alberto Zeppieri direttore artistico e presidente Unicef Udine abbiamo realizzato un’estensione nel progetto ovvero un CD compilation con all’interno tanti artisti generosi e umani che hanno offerto un brano per la pace e per i bambini. Hanno partecipato fra tanti Ron, Concato, Cutugno, D’Alessio, Noah. E’ stato davvero un grande gesto di solidarietà. NOI SIAMO AMORE apre la compilation e PROMISED LAND la chiude. Il cd si richiede direttamente via Facebook a Nunzio Russo Editore e viene spedito a casa. Insomma chi vuole veramente appoggiare questa beneficenza per i bambini potrà farlo in prima persona.

Il progetto vede la collaborazione anche di artisti a livello mondiale come Steve Ferrone, John Giblin e Danny Cummings. Com’è conoscere questi artisti dal sentito dire e poi vedersi collaborare con loro nella realtà?

È un autentica gioia. Sono professionisti veramente ispirati e persone meravigliose. Siamo veramente amici e condividiamo oltre che la musica anche gli stessi ideali.

Recentemente hai ricevuto la nomina di “Ambasciatrice del Giubileo dell’educazione“. Un riconoscimento importante.

Grazie a Domenico di Conza ambasciatore ONU e direttore dell’istituto Europeo Pegaso ho potuto ricevere l’opportunità di assumermi una responsabilità ancora più grande. Ora la mia testimonianza di donna e artista si fa ancora più solida e concreta perché può raggiungere moralmente ed istituzionalmente organizzazioni che lavorano concretamente per rendere questo mondo un posto più giusto e pacifico. Questo obiettivo si raggiunge con l’educazione e la cultura all’umanesimo, e con tanto amore per la vita tutta, missione che ho abbracciato totalmente.

Il premio ti è stato consegnato durante la kermesse Rome Fashion Week, la tre giorni dedicata alla moda. Come vivi la moda e cos’hai provato a ricevere questo premio?

Il premio che ho ricevuto alla Fashion Week di Roma è il premio “musica per la pace” dedicato alla mia scelta di usare la musica e la mia carriera come strumenti che sostengano attività umanitarie. È stato per me importante essere la madrina dell’evento e rappresentare un messaggio di pace. Lo scopo è portare l’attenzione anche sulle attività umanitarie come quelle dell’Unicef in un contesto legato allo spettacolo e all’immagine. Questa è un’ulteriore prova che il mondo dello spettacolo è un importante canale per creare visibilità e condivisione anche ad argomenti sociali. Vedo la moda con gli occhi della creatività e la ritengo espressione della personalità attraverso l’immagine, stili e colori. personalmente ho gusti classici e romantici.

Numa tu hai iniziato da bambina a ballare per poi specializzarti come cantante, attrice, ballerina. Cosa provi nel vedere tutto il tuo percorso sia professionale che personale?

Sento che la missione che ognuno di noi ha con se stesso è quello di scoprire quali sono i propri talenti, desideri e obiettivi, quindi realizzarli senza arrendersi mai e poi condividere le proprie vittorie e realizzazioni con gli altri, per incoraggiare chi ancora non ci è riuscito.

Gianni Morandi cantava: “quanto è dura la salita… uno su mille ce la fa“, concordi con questa frase?

Condivido che è dura la salita, ma credo fortemente che tutti possiamo farcela se crediamo in noi stessi e uniamo alla nostra vittoria personale il desiderio che anche gli altri la raggiungano, questo intento ci rende molto più forti e determinati.

Tra i nomi della grande canzone italiana con cui hai collaborato troviamo Renato Zero, Pino Daniele ed Adriano Celentano. Come hai conosciuto questi grandi artisti?

Grazie alla mia capacità di voler imparare tutti gli aspetti del mio lavoro, con alcuni la collaborazione è nata affiancando Phil, mio marito, come produttrice artistica, con altri lavorando come manager, con altri ancora come artista io stessa ho stabilito relazioni sincere oneste e basate oltre che sulla professionalità anche sull’amicizia.

La mente di un artista è sempre in volo. Quali sono i tuoi sogni da raggiungere?

Mi piacerebbe cantare a Sanremo perché anche se giro tanto il mondo sono italiana, amo l’Italia e vorrei cantare per il festival italiano e per tutti gli italiani. Voglio scrivere un libro autobiografico e la cosa più importante per me è quella di rimanere fedele ai miei valori e ai miei scopi, i quali vedono l’arte ed il salire su un palco per cantare come una grande opportunità di portare un po’ di gioia a chi mi ascolta.

Di recente abbiamo festeggiato la festa della donna, ma gli episodi di violenza contro le donne stesse sembrano inarrestabili. Cosa pensi a riguardo?

Chi uccide violenta, abusa ed insulta è chi non ama per primo stesso e non ama la vita e quindi la distrugge dentro ed intorno a sé. Ma non è con l’odio che vinciamo l’odio e nemmeno con il semplice perdono. Solo con un lavoro costante cuore a cuore, nelle scuole, tra di noi, nelle famiglie, nella nostra etica in qualsiasi professione svolgiamo, rivolto al rieducarci al rispetto, al dialogo, alla consapevolezza, al valore della vita, al sostegno reciproco e all’amore, si può attuare un cambiamento. Il bene si crea con un’intenzione precisa. Non si può rimanere passivi o solo arrabbiati.

Come si può combattere questa cattiveria?

Solo accrescendo la consapevolezza che gli altri siamo noi. Usando l’amore come mezzo superiore per risvegliare l’empatia che è in noi.

Può il mondo dello spettacolo combattere le guerre e le cattiverie nel mondo?

Assolutamente sì, con il potere della comunicazione, della trasmissione di emozioni e di messaggi importanti. Con la beneficenza, ma tutto solo se è fatto in modo consapevole autentico e responsabile, altrimenti può diventare un ennesima fonte di manipolazione.

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