La famiglia allargata di Gesù: Gesù aveva fratelli e sorelle?

Sempre più spesso assistiamo a vivaci dibattiti in merito alla questione di come debbano essere considerati coloro che nei vangeli vengono definiti “fratelli” (in senso non metaforico) di Gesù. Non è egli forse il figlio del carpentiere? Sua madre non si chiama Maria e i suoi fratelli Giacomo, Giuseppe, Simone e Giuda? E le sue sorelle non sono tutte fra noi? […] (Mt 13:55,56).

Il figlio segreto di Gesù libro di Alessio e Alessandro De Angelis
Il figlio segreto di Gesù libro di Alessio e Alessandro De Angelis

A partire dalla seconda metà del IV secolo d.C., con l’istituzione del dogma della perpetua verginità di Maria, sono state adottate diverse soluzioni per conciliare il riferimento ai fratelli di Gesù con la verginità mariana. Primo fra tutti Epifanio, vescovo cristiano del IV secolo d.C., ritenne che i cosiddetti “fratelli” di Gesù fossero in realtà fratellastri, figli di Giuseppe avuti da un matrimonio precedente. Tale soluzione non risulta convincente per due motivi.
Per prima cosa non tiene conto del contesto naturale e immediato dei passi relativi ai fratelli. L’impressione è che si tratti delle prime nozze sia per quanto riguarda Maria che per Giuseppe (nessun indizio all’interno dei testi evangelici porta a supporre che sia il secondo matrimonio per Giuseppe). Il secondo motivo è che questa giustificazione di Epifanio deriva direttamente da un vangelo apocrifo, il Protovangelo di Giacomo, decisamente poco attendibile e affatto impreciso su costumi e usanze giudaiche.

Alessio De Angelis presenta il libro "Il figlio segreto di Gesù"

Come viene dimostrato nel libro Il figlio segreto di Gesù, il termine “fratello” viene utilizzato 343 volte nel nuovo testamento e solo in una di esse viene impiegato col significato di “fratellastro”. In termini matematici, quando nel nuovo testamento ci troviamo di fronte alla parola “fratello” abbiamo il 99,7% di possibilità che questo termine voglia significare “fratello germano” (ovvero figlio degli stessi padre e madre) e solo lo 0,3% di possibilità che voglio significare “fratellastro”.
Una soluzione meno scorretta fu successivamente trovata da “san” Girolamo nel IV secolo d.C., ancora oggi ritenuta valida dalla chiesa cattolica. La soluzione di Girolamo prevedeva, difatti, che la parola greca per “fratello” (ovvero adelfòs) stesse a significare “cugino”, secondo un presunto “uso semitico” desunto dall’antico testamento. In effetti l’antico testamento greco è una traduzione dell’originale testo ebraico, dove il termine “fratello” viene utilizzato con un significato molto più esteso per indicare parenti più prossimi. Tuttavia è anche vero che vi è un solo caso certo in tutta la bibbia in cui il termine “fratello” viene utilizzato nell’accezione di “cugino” (v. 1Cr 23:22) e siamo in grado di dedurre questo significato solo grazie all’autore biblico che specifica che si tratta dei figli dello zio paterno.
Oltre a ciò bisogna considerare che il nuovo testamento, al contrario dell’antico, non è una traduzione dall’ebraico al greco e che, anche ammesso (ma non dimostrato) che gli evangelisti tenessero a mente qualche perduto testo ebraico o aramaico al momento della scrittura, essi non ritenevano quei testi così “sacri” e “immodificabili” tanto da tradurli alla lettera (infatti Luca e Matteo correggono spesso il testo dell’evangelista Marco), al contrario dei traduttori dell’antico testamento.

Ancora più evidente è il caso delle lettere di “san” Paolo in cui egli fa riferimento ai “fratelli” di Gesù (v. Gal 1:19; 1Cor 9:5). In questo caso è infatti palese che Saulo Paolo non sta traducendo da qualche antico testo aramaico, ma si tratta di una sua personale orazione redatta in lingua greca, con un suo particolare stile e una propria tecnica di scrittura. Risulta pertanto improponibile sostenere che quando Paolo scrisse che Giacomo è il “fratello” del signore intendesse, in realtà, che egli fosse suo “fratellastro” o “cugino”, soprattutto alla luce del fatto che Paolo dimostra di conoscere bene il termine tecnico atto ad indicare “cugino” (vale a dire anepsiòs, cfr. Col 4:10).
In effetti i primi padri della chiesa, antecedenti al IV secolo d.C., non avevano nessun problema ad affermare che Gesù avesse dei fratelli e sorelle, come è il caso di Tertulliano, il quale riteneva che i fratelli di Gesù citati in Marco e Matteo fossero veramente suoi fratelli (cfr. Adversus Marcionem 4, 19; De carne christi 7; De monogamia 7; De virginibus velandis 6:6).
In conclusione, possiamo affermare che le teorie secondo le quali i fratelli di Gesù sarebbero suoi “fratellastri” o “cugini” non sono sostenibili storicamente e che l’ipotesi più plausibile è che essi fosse davvero suoi fratelli.

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